The Handmaid's Tale, Pour parler
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Sogno o son desto?
Iniziavo esattamente due settimane prima dell'emergenza sanitaria da Covid19 a guardare The Handmaid's Tale e di lì a poco fu facile interiorizzare il contesto distopico della serie tv e traslarlo in quello che stava accadendo nel mondo-fuori-dalla-porta-di-casa. A ripensarci, fu una pessima idea - o una terrificante coincidenza, scegliete quella che preferite. Finalmente l'attesa è finita, e il 28 Aprile sono usciti i primi tre episodi dell'ultima acclamatissima (e attesissima) stagione della serie, concessa in ateprima su Timvision in Italia: siamo pronti ad unirci alla tenacia di June e al sadismo di tutte le Zie, alla perfidia delle Mogli e all'inutilità dei Mariti di Gilead. Però da sotto le coperte, o almeno con i pop corn in mano.
Ormai avete familiarizzato con la mia passione per i giochi di parole (e con la mia innata propensione a crearli), e quindi da handmaid a handmade potete immaginare quanto sia stato facile. Anche in questo caso si parla di un vero e proprio trend acclamatissimo, che ha riportato la manualità e l'artigianalità del made in Italy al centro della nostra attenzione, lontano quanto basta dagli occhi indiscreti di truffaldini e mercenari del fast fashion - ehm, ehm, ogni riferimento ai sandali di Yoox è puramente casuale. Un ritorno alle origini, che suona più come un Back To The Future.
Ho avuto qualche carteggio con alcune delle creative più interessanti del (hand)made in Italy in 2021: un ottimo modo per confrontare il senso del loro lavoro e scoprire il racconto che c'è dietro. Per capire il meccanismo e viverlo da più punti di vista servono le parole, e servono mani esperte: chi fa e chi racconta scrivendo. A ciascuno il suo, pour parler.
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Perchè proprio ora?
Perchè se non fosse successo ora avremmo perso del tutto la fiducia nella consapevolezza del consumatore italiano e, soprattutto, nella bellezza dell'unicità. Volendo fare dietrologia sul fenomeno, l'interesse verso ciò che è fatto-a-mano si pone in favore di una ripresa (la famigerata Ripartenza) a partire dai più piccoli, iniziando da più veri, per cominciare dai nuovi ottimisti e volenterosi. Prima ancora lo è l'interesse verso il fare-a-mano qualcosa che prima del tutto meccanicamente acquistavamo nel mondo: dalla frutta alla verdura alla crostata con la marmellata di una nonna X scritta sulla confezione, al pensile di stile industriale per la cucina, ai berretti all'uncinetto. Non credo si sia trattato solo di una questione di tempo a disposizione - chi non leggeva i fumetti prima non li ha letti nemmeno durante la Quarantena - quanto piuttosto la riscoperta di una vita slow in toto. Se avete letto vi ricorderete che tutte le attività manuali sono considerate dei veri e propri calmanti diy: grazie alla concentrazione che richiedono riducono lo stress del 25% e distendono i nervi. Reinventarsi per ritrovarsi: il leitmotiv.
La trend forecaster Lidewij Edelkoort aveva anticipato che la pandemia sarebbe stata a global recession of a magnitude that has not been experienced before. Nel momento in cui ci siamo fermati a guardare il mondo in cui viviamo ci siamo accorti che non lo conosciamo. Il valore aggiunto di questi nuovi brand dell'hand-made in Italy, infatti, è proprio l'unicità che li rende chiari e leggibili: ogni singolo intreccio, ogni impuntura racconta le mani che li ha prodotti. L'unicità sfuma con un'amatorialità efficace e viva, che con lo spirito e con la mente ci trasportano in un immaginario di moda nuovo sicuramente non veloce e sicuramente più sostenibile.
La riscrittura dell'artigianalità ha assunto un ruolo cruciale nelle nuove generazioni, già più interessate al fashion world e alla sostenibilità rispetto al passato, e che attraverso i social hanno trovato un Porta Portese dove ispirarsi e dove iniziare il proprio small (small) business, ricreando una nuova accezione dell'handmade che è handmade-per-davvero. Se n'è già accorto quel bontempone di Zuckerberg, che è in fase di testing di tre nuove funzionalità per Instagram pensate per semplificare il legame brand/influencer a prescindere dal numero dei follower, saldando il rapporto (lavorativo?) tra i piccoli brand e la piattaforma. La rinvincita delle piattaforme di vendita e di diy - Vinted, Etsy... mi sentite?
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Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. Parlare con queste ragazze è stato come rivivere la storia degli artigiani di sempre, nati con la voglia di creare e di sporcarsi le mani per farlo. Sono Anna, Sofia, Beatrice, Ilaria, Arianna e Martina. Sono creative, sono artigiane e sono giovani(ssime). I loro racconti sono tutti impreziositi dalla voglia di recuperare il passato, tradurlo senza riscriverlo, plasmarlo senza adattarlo. Hanno le idee chiarissime, e i loro brand ne sono una dimostrazione in pelle e tessuto.
La componente familiare sembra essere il magma che sul fondo ribolle la passione di questi progetti: un'immagine semplice e quotidiana come quella di una nonna che sferruzza o di un papà che lavora il cuoio nella sua Bottega è la miccia. Sono immagini di vita vera, quella che a volte ci dimentichiamo essere interessante così anche senza imbellettamenti - e anzi forse lo è di più.
"Quando ero piccola mia nonna mi faceva tenere ben teso il filo che le serviva per creare i suoi gomitoli. Oggi tengo il filo ancora teso mentre mia madre sferruzza. Atelier Melina è nato dalla nostra voglia di stare in famiglia, handmade per noi significa passione, nasce da una conoscenza preziosa che deve essere tramandata. Le creazioni fatte a mano ti obbligano a fermarti, a godere della bellezza dei piccoli progressi. Fare e disfare, progettare, cercare il giusto materiale, ma alla fine provi soddisfazione. Per noi slow significa anche questo, tornare a rispettare il valore del tempo e delle cose uniche, fatte con passione". Arianna mi racconta la nascita di Atelier Melina, un progetto neonato e che ho avuto il piacere di scoprire (e sostenere) sin dal giorno se non uno... dieci. Realizzano accessori all'uncinetto - e vi consiglio subito di mettere in wishlist le loro bandane!
Poi c'è Ilaria di Morbido Vero, che mi racconta con tenerezza il suo progetto ancora in fase di coltivazione: se seguirete con costanza il suo profilo IG avrete il piacere di sbirciare in diretta la realizzazione dei suoi tappeti (visual ASMR d'avanguardia, tra l'altro). "La figura di mio papà nella sua Bottega è la prima immagine che balena nella mia mente quando penso all'artigianalità. I tappeti Morbido si ispirano proprio all'amore e alla passione per il suo lavoro come calzolaio e lavoratore del cuoio. Creatività e dedizione sono le chiavi di un lavoro che richiede passione e tenacia, che abbraccia la naturalezza nella progettazione e nella manifattura, con attenzione e rispetto per i materiali e le fasi di lavorazione. Sono tutti i valori in cui credo e alla base di Morbido".
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"Bice Filati si chiama come mia nonna, e oltre ad essere un modo per liberare la creatività attraverso i ferri mia e di mia madre è un progetto lavorativo a misura e tempo umani. Questo progetto oltre a sostenere un mercato fortemente in crescita ne è parte viva: quello dei piccoli artigiani e brand sostenibili. In un certo senso è una vera missione farsi portavoce di valori così importanti e necessari come la sostenibilità, l'importanza del tempo dedicato alla creazione di qualcosa di bello e che durerà più di una stagione perché fatto con materiali di qualità. L'ingrediente che quando c'è si nota: la cura del dettaglio". Beatrice, figlia della combo mother/daughter, si emoziona mentre mi racconta l'azzardo che è stato Bice Filati: abbandonare le certezze per iniziare un brand da zero in piena pandemia, un modo per rimanere vicine anche nella distanza.
Questi brand fanno emergere una nuova consapevolezza del prodotto e del contesto in cui vive, rivoluzionando il concetto di carry-over in una visione del prodotto che supera le labili barriere anacronistiche del trend, creando una moda durabile e duratura oltre le stagioni e le tendenze. L'acquisto non è più un gesto impulsivo, ma una decisione compiuta con tenerezza e affetto verso un oggetto di valore che porterà con sé un significato istaurato tra lui e il consumatore in primis, tra il consumatore e il brand soprattutto.
Racconta Sofia del brand di borse Euterpe: "Slow fashion per me significa che un oggetto non debba morire nelle mani di chi l'ha acquistato. Significa diventare più consapevoli e oculati fino ad allontanarsi via via dai capi di bassa qualità perché si è imparato a riconoscere cosa vale la pena comprare. Con Euterpe mi impegno a sensibilizzare il pubblico a cosa voglia dire acquistare un pezzo di qualità, in questo caso in pelle: investire dei soldi per avere in casa un prodotto valido e sostenibile, perché non ci sarà necessità di sostituirlo se trattato con cura. E in questo senso l'artigianato è un pilastro importante. Non c'è lusso migliore di possedere un oggetto creato da mani sapienti e appassionate".
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"Almace è unicità. Siamo due sorelle che hanno deciso di buttarsi in un mondo nuovo pieno di fili e colori, cercando di creare capi unici e speciali per ogni cliente in modo da rendere ogni prodotto Almace unico e irripetibile, personale. L'obiettivo è quello di guardare al futuro senza dimenticare la tradizionalità del passato." La storia di Almace è deliziosamente spicy come lo spirito brioso di Martina, ormai amica di touchscreen - la versione con la penna è troppo anacronistica - e come l'iconico berretto Gino dalle mille realizzazioni diverse pensate su misura per soddisfare ogni personalità.
La forza di questi brand è la realizzazione di un progetto ogni volta diverso, interamente realizzato a mano e ad personam e per questo sempre meravigliosamente (e) imperfettamente diverso. Unico. Ce l'ho solo io e ce l'hai solo tu, per davvero. Ci eravamo dimenticati di come vengono create le cose che vediamo ogni giorno nel mondo: ci pensi mai che ci sono state delle mani che in un primo momento hanno toccato quei pezzi di materiale inanimato?
Anna, founder del brand di ceramiche Culette, me lo ricorda: "Ho sempre apprezzato le mani sporche perché sono mani che lavorano. Handmade è un valore aggiunto che si dona ad un prodotto grazie ai movimenti, alla pressione, al calore delle mani di qualcuno, che plasma un'idea, la quale sarà difficilmente riproducibile allo stesso identico modo dalle mani di qualcun altro. Ho provato, per divertimento, a far realizzare dei Culette a mie amiche ed è sorprendente come da ognuna uscisse sempre un manufatto diverso. Le mani che lavorano non sono le stesse e generano ogni volta unicità, che è ciò che vado sempre a cercare nella realizzazione dei miei vasi".
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Acquistare un prodotto handmade significa partecipare alla visione personale e unica di chi l'ha realizzato. I fili non sono più solo fili, così come la pelle non è solo un materiale: si portano dietro una filosofia di produzione, un pensiero che li ha plasmati con le mani - e una qualità unica. Ecco perché proprio ora: perché avevamo bisogno di ricominciare a credere nella bellezza dell'imperfezione, e di distinguerci in un mare di cose tutte uguali, di condividere valori prima che tessuti, di riscoprire che forma hanno le cose preziose. Di ritrovarci per reinventarci.
Ci vediamo domenica prossima con una nuova lettera digitale del nostro carteggio. Nel frattempo, il nostro racconto continua su Instagram - lì sono più breve, lo giuro.
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La canzone della domenica: Jenevieve - Baby Powder.
Qui la solita playlist Pour parler, perfetta per questa domenica di Maggio.